venerdì 28 marzo 2014

Martha Graham : fonte d’ispirazione!


Benvenuto in questa sezione, che riguarda una parte importante del mio mondo: la danza creativa!
Nella mia professione di pedagogista, mi capita spesso di utilizzare tecniche teatrali o legate al mondo della danza, per creare fiducia e benessere, nonché autostima, nelle persone con cui mi trovo a lavorare, siano essi bambini, adulti, anziani o portatori di disagio sociale. L'esperienza mi ha sempre dimostrato che utilizzare quest'approccio unisce e fortifica coloro che per scelta, o casualità, si avvicinano a questo mondo. 

Nel mio modo di applicare la danza creativa, ai contesti educativi, nei quali mi trovo a lavorare, c'è sempre uno spiccato riferimento alla tecnica e al pensiero di Martha Graham (1894-1991), considerata una delle più grandi ballerine del XX secolo, nonchè madre della danza contemporanea. 
Il motto di Martha era "La mia danza con il mio corpo", dettato dall'esigenza di abbandonare la tradizione del balletto classico, fatta di adattamenti forzati, posture rigide, vincoli fisici, per valorizzare piuttosto il movimento libero, attraverso una tecnica che fosse in grado di adeguarsi alla conformazione fisica dei singoli danzatori. Questo portò alla creazione di un rinnovato vocabolario corporeo - espressivo che era mirato non tanto a "creare", quanto piuttosto a "riscoprire" quello che il corpo poteva naturalmente fare.

Per Martha Graham, la danza «viene dalle profondità della natura dell’uomo, dall’inconscio, dove abita la memoria … ed è diretta verso l’esperienza dell’uomo, dello spettatore, per risvegliare in lui analogie e ricordi»; in questo senso è evocatrice dell’essenza stessa dell’uomo. 
La sua è dunque una danza che diventa teatro a tutti gli effetti, tralasciando gli atletici virtuosismi, tocca l'essenza terrena dell'uomo, le sue emozioni, i suoi sentimenti, per farsi rappresentazione del reale. Forza, pulizia e definizione del movimento, valgono più di una "gamba alta" a tutti i costi. Il corpo, nella tecnica Graham, comunque codificata e di grande impatto, manifesta le sue potenzialità espressive, veicolando dolore, disperazione o allegria con gesti anche semplici ma estremamente efficaci e perfetti. Le immagini utilizzate da Martha durante le sue lezioni, erano in grado di aprire un universo simbolico - figurativo ispirato alle forme naturali per analizzare le potenzialità del movimento: l'apertura delle braccia assimilata ad ali di uccello, le schiene in movimento come onde del mare, le gambe ancorate al terreno come tronco d'albero, gli scatti improvvisi come quelli di un felino pronto all'attacco, e molto altro. Tutto parte dal centro del corpo, fulcro di energia, per manifestarsi all'esterno in modo dirompente. 
Unendo danza, discipline orientali, tecniche teatrali e riferimenti alle cerimonie dei Nativi Americani, Martha Graham, creò una forma d'arte unica e indipendente destinata a lasciare un segno indelebile e duraturo. 




Questa tecnica, faticosa e bellissima, crea ballerini stilisticamente perfetti, in grado di rappresentare universi in modo sublime. Quando si tengono corsi di Danza Creativa, le aspettative non sono certo così alte, nel senso che l'utilizzo è sopratutto legato ad aspetti educativi e di sperimentazione per imparare a liberare la propria creatività e i propri stati d'animo. In ogni modo il metodo Graham ci aiuta con i suoi principi, che prossimamente analizzerò nel dettaglio, poiché persegue la naturale bellezza e fluidità del corpo umano, rafforzando l'autostima e il dialogo con le nostre parti interiori. Ogni minima parte del corpo ha il suo peso, la sua espressività e l'intero movimento deve acquisire un preciso significato. I principi della tecnica Graham possono così essere citati, ripresi, raccontati, sperimentati per permettere a color che si addentrano nel mondo della danza creativa, di aprire nuove e affascinanti frontiere. 

martedì 25 marzo 2014

Tracce di folklore irlandese

L'Irlanda ha una ricca tradizione folcloristica di esseri ultraterreni, come folletti, fate, e numerose creature mitologiche, ma qual è la loro origine?
Il folklore irlandese deriva dalle antiche società celtiche - druidiche che credevano nella magia e nel potere della natura. Molte di queste credenze hanno dato origine a leggende moderne diffuse in tutto il paese. Fate e folletti risalgono dunque al periodo pre-cristiano, quando queste creature venivano ritenute diretti discendenti dei Tuatha De Danaan (popoli immortali della dea Danu, o Madre Terra) il quarto popolo celtico che, secondo la mitologia, invase l’Irlanda prima dei Gaeli. Un’altra teoria afferma che le creature del popolo fatato sono angeli caduti sulla terra in luoghi diversi e sotto svariate forme.
In ogni modo tutte queste creature sono descritte come una razza di persone minuscole che si nascondono al genere umano, dotate di poteri magici e abitanti del Sidhe, cioè dei tumuli preistorici: cerchi di pietre, dolmen, pozzi, vecchi alberi, luoghi dal fascino antico. Tra le creature del "popolo fatato" o "piccolo popolo" si trovano:

Folletti o Leprechaun - Sono esseri piccoli, anziani, barbuti, indossano vecchi abiti irlandesi e un lungo cappello. Presentano un carattere delicato e allo stesso tempo malizioso, adorano fare scherzi e burle al genere umano. Vivono in solitudine e pare che il loro passatempo sia costruire scarpe per se stessi e per il popolo delle fate. Il loro nome, infatti, sembra derivare dal gaelico leath bhrógan, cioè "ciabattino". Vivono in un costante stato di ebbrezza e amano fumare la pipa. Guardiani dell’antico tesoro d’Irlanda se catturati dagli uomini, promettono enormi ricchezze in cambio della libertà.
Pooka - Si tratta di uno spirito spettrale che appare come un'aquila nera, un pipistrello, una capra o un cavallo, e che manifesta l'abitudine irritante di sorprendere incauti viaggiatori, terrificandoli in svariati modi. In Irlanda il Pooka è la fata più temuta, forse perché si trova sempre in giro dopo il tramonto a portare danni e malasorte. Sono esseri molto capricciosi che devono essere continuamente placati per evitare che creino caos nelle campagne, distruggendo raccolti e causando malattie negli animali.
Changeling o mutaforma -  Questa creatura, dalla pelle gialla e vizza, sembra essere attratta dai bambini perché al contrario dei loro neonati (deformi e spesso malati) sono belli e sani; secondo altre fonti invece li rapirebbero solo per "succhiarne" l'energia vitale. Un changeling può essere di tre tipi: un reale bambino di fata; fate senili che sono travestite da bambini o, oggetti inanimati, come i pezzi di legno che assumono l'aspetto di un bambino attraverso la magia delle fate. Si tratta di creature malevole, che mostrano però una spiccata attitudine per la musica.
Banshee -  E' una Sidhe solitaria, uno spirito femminile ancestrale che può manifestarsi come una vecchia molto magra dagli occhi rossi e infossati, come una giovane donna dai lunghi capelli oppure come una matrona d’età matura. Può apparire anche sotto forma di animale, come cornacchia grigia, donnola e altri animali associati alla magia irlandese. Questo spirito è classificato come maligno, poiché il suo canto o lamento, che si ode soprattutto di notte, è annunciatore di morte. In realtà la Banshee non si lamenta per crudeltà ma per disperazione; la sua vita è strettamente legata a quella di una famiglia particolare e quando percepisce la morte di uno dei suoi membri inizia a cantare.
Lianhan shee E’ una sorta di dea dell'amore, che invita gli uomini dandogli appuntamento a Tir Na Nog. Amare una Lianhan shee, quasi inevitabilmente, provoca disastri. La Sidhe Leanan è generalmente descritta come una bella musa , che offre ispirazione per un artista in cambio di devozione totale e amore; questo spesso comporta la follia per l'artista, così come la morte prematura. La fata vive sulla loro vita, ed essi  si logorano.
Merrow Si tratta di una fata di mare, parente alla sirena. Queste creature sono umane dalla vita in su e pesce dalla vita in giù e vivono sotto l’acqua.  I Merrow maschi o Mermen sono molto meno attraenti della loro controparte femminile e per altro s’incontrano molto più raramente. Le femmine hanno lunghi capelli verdi o trecce d’oro e sono molto più belle; amano stare in compagnia degli esseri umani di genere maschile. Molte di queste fanciulle hanno la fama di attirare i giovani a seguirle sotto le onde, dove in seguito vivono in uno stato d’incanto. Quando giunge sulla terra ferma la fata Merrow si priva dei suoi indumenti, spesso mantelli di pelle di foca, in questo modo il mortale che trova l’indumento acquista potere su di lei e lei non può tornare verso il mare finché non li recupera. Alcuni uomini sono così riusciti a farsi sposare da queste splendide creature, che però dopo un po’ hanno sempre scelto la via del mare e quindi l’abbandono.
Dullahan - Si tratta della creatura più spettacolare nel regno delle fate; ha l’aspetto di un cavaliere nero che attraversa di corsa le campagne sul suo destriero, tenendo la propria testa in mano. Il Dullahan è quindi senza testa, cavalca senza sosta usando come frusta una colonna vertebrale umana e quando si ferma, un mortale muore. Questo cavaliere si può avvistare intorno a mezzanotte durante qualche festività irlandese.

Creature della mitologia scozzese

In Scozia le antiche leggende e i costumi del passato sono ancora vivi nello spirito degli scozzesi. Lavare il viso con la rugiada di maggio, credere che l'erica bianca porti fortuna, lasciare che il sorbo selvatico cresca accanto alle case e nei luoghi di culto, per scongiurare il male e le streghe, rompere una bottiglia di Whisky sulla prua della barca, durante l'apertura della pesca al salmone, buona usanza per ingraziarsi il cielo, sono solo alcuni esempi degli usi ancora in voga,le cui origini risalgono al lontano passato.
La credenza nelle fate risale addirittura alla preistoria,e la tradizione scozzese è piena di riferimenti a queste creature, figure mitologiche rappresentative che derivano da un mix di folklore, religione, storia e ambiente geografico. Di seguito ne elencherò alcune, per dimostrare che il folklore scozzese non si ferma al famoso mostro di Lochness!




  •  Baobham Sith: è una creatura malvagia della mitologia scozzese. È una fata malvagia che si nutre di sangue, una specie di vampiro. Veste solitamente di verde e per questo porta anche il nome di Dama VerdeAppare sotto le sembianze di una bellissima fanciulla che danza per ignari malcapitati che poi uccide lentamente. Può essere uccisa con l'acciaio freddo. La si trova principalmente nelle regioni montuose.
  •  Bodach (in scozzese: "Vecchio Uomo"): è una creatura mitica, simile all'uomo nero, che scende giù dai camini per terrorizzare i bambini. Per evitare la sua venuta è necessario spargere del sale sulla cenere del camino prima di andare a letto. La sua venuta era percepita come annunciatrice di morte per uno o più membri dei clan.
  • Bean Nighe: è l'equivalente scozzese della Banshee irlandese. In gaelico scozzese il suo nome significa “lavandaia”. La sua presenza è vista come un presagio di morte; nell'immaginario collettivo la si immaginava come una donna anziana, vestita di verde, che si trovava lungo i torrenti a lavare gli abiti di coloro che stavano per morire.
  • Brownies: si tratta di fate benevoli e gentili, associate all'elemento terra. Essi si presentano come nanetti di sesso maschile, piccoli e con gli occhi color del carbone. Non sopportano la menzogna, l'inganno, e l'avarizia. È possibile invitarli presso la propria dimora lasciando del cibo fuori, preparato apposta per loro.
  • Driadi: sono fate caratterizzate dall'elemento acqua. Sono spiriti degli alberi,guardiane di ogni singolo albero, che appaiono agli uomini come luminosi bagliori o bellissime donne danzanti. Si tratta di creature leggiadre e giocose, generalmente indicate come femmine.
  • Ghillie Dhu: si tratta di una fata benevola che si credeva abitasse un boschetto di betulle alla fine del Loch Gairloch. Sono spiriti degli alberi mascherati da fogliame e muschi che non amano la presenza degli esseri umani. Essi sono più attivi di notte e preferiscono le betulle a tutti gli altri tipi di albero. Coloro che attraversano i boschi devono fare attenzione per non essere afferrati dalle braccia lunghe e verdi della Ghillie Dhu, se ciò avvenisse diventerebbero loro schiavi per sempre.
  • Kelpie: nella mitologia scozzese il Kelpie è una delle creature più note. E ' principalmente ritratto con la forma di un bellissimo cavallo ma può apparire anche sotto le sembianze di un bel giovane. I kelpie sono spiriti acquatici che popolano i laghi, decisamente malevoli, il cui scopo è quello di attirare gli esseri umani in una tomba d'acqua.
  • Selkies: sono creature mitologiche che possono trasformarsi da foche a donne nelle notti di luna piena. La leggenda ebbe origine nelle Isole Orcadie e "selkie" significa semplicemente foca nella lingua di quelle isole. Ci sono varie leggende sulle Selkie, alcune narrano che gli umani non si accorgono di vivere con una selkie e poi si svegliano una mattina scoprendo che la loro compagna è sparita, altre leggende narrano che rubando il manto di una selkie si riesce a renderla prigioniera, evitando il suo ritorno in mare. La selkie ritornerà nel suo mondo d'acqua solo dopo aver ritrovato il proprio manto, e allora la sua prigionia avrà fine. E' l'equivalente del Merrow irlandese.
  • Poesie di W. Butler Yeats

    Se avessi il drappo ricamato del cielo,
    intessuto dell'oro e dell'argento e della luce,
    i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
    dai mezzi colori dell' alba e del tramonto,
    stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
    invece, essendo povero, ho soltanto i sogni;
    e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
    cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.

    Da "Il vento tra le canne", 1899

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    Innisfree, l'isola sul lago

    Mi leverò e andrò, ora, andrò a Innisfree,
    E costruirò una capanna laggiù, fatta d'argilla e canne,
    Nove filari di fave avrò laggiù, un'arnia per le api da miele,
    E solo starò nella radura ronzante d'api.

    E avrò un po' di pace laggiù, ché la pace discende goccia a goccia,
    Discende dai velami del mattino fin dove canta il grillo;
    La mezzanotte è tutto un luccichio, il meriggio purpurea incandescenza,
    La sera è piena d'ali di fanello.

    Mi leverò e andrò, ora, ché sempre notte e giorno
    Odo l'acqua del lago lambire con lievi suoni la sponda;
    Mentre sto sulla strada, sui marciapiedi grigi,
    La sento nella fonda intimità del cuore.


    Il poetare di W. Butler Yeats

    William Butler Yeats può essere considerato uno dei poeti più importanti dell'isola di smeraldo. Fu un poeta simbolista che utilizzò nel suo scrivere immagini allusive e simboliche, nel corso di tutta la sua carriera. Con la sua poetica è riuscito a colmare i desideri del cuore, attraverso un linguaggio bello, seppur all'inizio molto legato alla tradizione, e pieno di immagini suggestive. Nella prima parte della sua vita tutta l' opera letteraria è stata ispirata dall'amore per la sua gente e la sua terra natale, di cui studiava accuratamente mitologia e tradizioni, in seguito la sua poesia si è arricchita di una forte tensione spirituale. Egli ha saputo sviluppare l'arte di rivelare, attraverso parole concrete e immagini, le idee mistiche e astratte; egli attribuiva questa capacità ai suoi studi artistici. Eroe della cultura irlandese e difensore della sua terra, la sua opera ha lasciato un segno indelebile nella poesia del XX secolo.
    Di seguito mi piace citarvi alcune delle sue raccolte più importanti, ordinate cronologicamente:

    1889 “ I viaggi di Ossian” (The wonderings of Osian)

    1893 “Il crepuscolo celtico” (The Celtic Twilight)

    1899 “Il vento tra le canne” (The Wind among the Reeds)

    1904 “Nei sette boschi (In the seven woods)

    1910 L'Elmo verde” (The Green helmet)

    1917 “I cigni selvatici a Coole” (The wild Swans at Coole)

    1928 “La torre” (The tower)

    1933 “La scala a chiocciola” (The Winding Stair)

    William Butler Yeats

    William B. Yeats nacque a Dublino il 16 giugno del 1865, in una famiglia di origini protestanti. Il padre,John Butler Yeats, fu un noto avvocato e ritrattista, la madre,Susan Mary Pollexfen, proveniva da una ricca famiglia di County Sligo. Proprio nella città materna William trascorse molti giorni della sua infanzia, sviluppando il suo amore per la natura e la bellezza della campagna. Nel 1867 la famiglia di William si trasferì in Inghilterra, per aiutare il padre che voleva sfondare come pittore, per tornare poi in Irlanda nel 1880, quando William aveva 15 anni.
    Le prime poesie di Yeats sono piene di riferimenti alle immagini e alle leggende della mitologia celtico- irlandese, di cui fu ricercatore e cultore; gli anni centrali del suo poetare sono caratterizzati dall'amore non corrisposto per la bella Maude Gonne e dall'adesione al movimento nazionalista irlandese. La poesia degli ultimi anni ha assunto tinte più macabre, influenzata dal simbolismo dell'occulto. Yeats si era sempre dimostrato curioso verso i misteri dell'occulto, e i fenomeni magici.
    Fin dalla tenera eta William mostrò uno spiccato interesse per l'arte della poesia, studiò prima alla scuola di Godolphin, in Hammersmith, Inghilterra, successivamente, nel 1884, si iscrisse alla scuola d'Arte di Dublino. Il suo debutto come scrittore avvenne nel 1885 quando pubblicò le sue prime poesie in “The Dublin Review University”. Nel 1887 pubblicò una raccolta poetica dal titolo “Poems and Ballads” e nel 1889 ne pubblicò una ispirata completamente alla sua terra natale, “I viaggi di Ossian” (The wonderings of Oisin), dove dimostrò pienamente il suo attaccamento ai miti e alle tradizioni d'Irlanda. Nel 1889 incontrò Maude Gonne, l'amore della sua vita, una giovane artista, legata al movimento rivoluzionario irlandese, che divenne per lui musa e ispirazione; nonostante ciò il loro rapporto non fu mai suggellato, poiché nel 1903 lei scelse di sposare un'altro uomo. Nel 1896, tornato stabilmente a vivere nel suo paese, divenne fondatore della nuova Società Letteraria Nazionale di Dublino, e in seguito fondatore del Teatro Letterario irlandese; scrisse infatti diverse opere teatrali tra cui voglio ricordare “La Contessa Cathleen”. Nel 1917 William sposò Georgie Hyde-Lee, bella e colta gentildonna londinese, con la quale ebbe una vita serena e di piena condivisione, persino artistica. La coppia ebbe due figli, Anne e Michael. Nel 1922 venne eletto al senato irlandese e nel 1923 ricevette il premio Nobel per la letteratura. Nel 1928 a causa di problemi respiratori gli venne prescritto di spostarsi all'estero, così si trasferì per un periodo a Rapallo con la moglie e i due figli. Verso la fine del 1938, la moglie lo accompagnò per un periodo di soggiorno in un albergo a Cap Martin, nelle Alpi Marittime francesi, sempre per motivi di salute. William Butler Yeats morì nel sud della Francia il 28 gennaio del 1939, e fu seppellito nel piccolo cimitero di Roquebrune. Sembra che in quell'ultimo periodo avesse parlato con la moglie in questi termini “ Se muoio seppelliscimi a Roqueburne, poi fra un anno quando i giornali mi avranno dimenticato, fa scavare un posto per me a Sligo”. Nel settembre del 1948 la salma di Yeats è stata spostata a Drumcliffe, nella Contea di Sligo che egli aveva  tanto amato.

    Gli alberi,nell'antica tradizione celtica

    In quasi tutti i paesi di origine celtica si è sempre pensato agli alberi come entità sacre e dimora delle fate; questo perché i celti, come del resto molti popoli antichi, hanno sempre venerato la natura, ricoprendola di simboli e poteri speciali. L' albero del mondo o albero della vita rappresentava per l'antica popolazione il ponte tra la divinità e l'uomo; le radici dell'albero abitano il sottosuolo, rappresentando una conoscenza profonda della terra, mentre il tronco unisce le radici alla chioma, i cui rami si estendono verso il cielo. La crescita dell'albero della vita veniva associata con la crescita spirituale e la conoscenza. Non solo, secondo gli antichi druidi gli alberi erano antenati degli esseri umani, e alcuni addirittura in grado di portare messaggi nell'altro mondo; motivo in più che spingeva alla loro venerazione.


    Secondo Mara Freeman, autrice del libro  Kindling the Celtic Spirit”, quando in Irlanda una tribù disboscava il terreno per creare un nuovo insediamento, un grande albero veniva sempre lasciato nel mezzo (noto come bethadh crann o albero della vita ); sotto di esso venivano tenute assemblee, cerimonie sacre e inaugurati nuovi capi. L'albero era ritenuto fonte di benessere e distruggere l'albero sacro dei nemici era considerato un grande trionfo.
    L'importanza degli alberi per i celti è ben espressa inoltre dall'alfabeto Ogham,in cui ogni lettera rappresenta un albero sacro. Le fonti dimostrano che questo alfabeto fu usato dai druidi tra i secoli IV e VIII, quasi esclusivamente per iscrizioni funerarie e rituali divinatori. Un leggenda attribuisce l'invenzione di questo alfabeto al Dio Ogma, il Dio irlandese dell'eloquenza, ma in realtà molte incertezze vi sono tuttora sulla sua vera origine. L'alfabeto è formato da 20 lettere, divise in quattro gruppi; la scrittura veniva realizzata con una linea verticale tagliata da brevi tratti orizzontali o viceversa, e la lettura procedeva dal basso verso l'alto o da sinistra verso destra. La particolarità è che ciascuna lettera è associata con il nome di un albero, vediamo in che modo:
    • Tratti che tagliano perpendicolarmente la linea principale 
    La ailm – Abete
    O onn – Ginestra
    ur – Erica
    E eadha – Pioppo
    Io idho – Tasso
    • Tratti che tagliano la linea in modo obliquo 
    muin – Vite
    Sol gort – Edera
    Ng getal -Giunco
    STR straif – Pruno
    R ruis – Sambuco
    • Tratti che vanno verso il basso o verso destra 
    beith – Betulla
    luis – Sorbo
    F fern – Ontano
    S saille – Salice
    N nuin – Frassino
    • Tratti che vanno verso l'alto o verso sinistra 
    huath – Biancospino
    D duir – Quercia
    tinne – Agrifoglio
    C coll – Nocciolo
    Q quert – Melo



    Ciascun albero associato con la lettera custodisce e rivela un particolare significato. Ma questo lo vedremo in seguito nel dettaglio. Per adesso “ tenetevi stretto il vostro albero, guardatelo crescere, sentitene i respiri, esso vi parlerà e voi crescerete con lui”.

    Il poetare di Emily Dickinson

    Si legge nei resoconti del museo oggi dedicato ad Emily Dickinson, per altro istituito presso la sua casa “The Homested” and “Evergreens”, che la poetessa amava scrivere in ogni angolo della sua casa, dal giardino, alla camera da letto, alla dispensa, alla sala da pranzo: la nipote Martha raccontò che sua zia preferiva scrivere nei luoghi in cui dalla finestra poteva vedere le sue amate piante. Altri parenti l'hanno ricordata mentre girovagava per la casa componendo le sue poesie ad alta voce. Emily morì senza fama, nella semplicità e nell'anonimato che l'aveva sempre caratterizzata, ma le sue poesie lasciarono un segno tangibile, diventando ispirazione per molti futuri scrittori.
    Nel corso della storia ci sono state all'incirca due versioni, sul perchè Emily abbia deciso di vivere la sua vita in modo isolato. Talvolta si è pensato a lei in termini di timidezza patologica, avvicinandola ad una sorta di pessimismo leopardiano, credendo che il suo senso di inadeguatezza e la sua negatività nel modo di vedere le cose, l'abbiano allontanata da una normale vita sociale. Ma un'altra versione si è fatta largo con il tempo e non a torto; ed è la versione con la quale io stessa penso ad Emily Dickinson.
    Se si legge la sua biografia e la sua poesia, si intuisce che la vena pessimistica di Emily Dickinson, è sempre stata legata ad eventi traumatici della sua vita, e non al fatto che pessimista lo fosse di carattere; in realtà Emily si è dimostrata più ribelle che remissiva, poiché con il suo isolamento e le sue poesie contestò molti dei valori tradizionali di allora. La scelta di comunicare con le lettere, e di isolarsi dal resto della società, tranne sporadiche apparizioni, le hanno permesso di approfondire il senso della vita in modo quasi mistico, sperimentando il senso di privazione. Emily non si è isolata per paura, ma per scelta, sapeva bene come comportarsi per essere definita “normale” ma non ha voluto farlo, per vivere la propria vita a modo suo. Emily amava vestirsi di bianco, contrariamente alle usanze femminili di allora, molti hanno parlato di lei definendola una donna piacevole, divertente, addirittura maliziosa. La poesia di Emily non fu imbrigliata nei canoni stilistici del suo tempo, anche in questo fu ribelle, fu piuttosto una sfida, poiché rifiutando gli schemi e i temi tipici del XIX secolo, inventò nuovi significati, capaci di spiazzare il lettore. Molto particolare l'uso che fece dei trattini per spezzare la frase, che sembrano fatti apposta per facilitare la lettura ad alta voce. Questa personalità così complessa, profondamente femminile, legata ai suoi affetti e alla natura, ha prodotto una poesia nuova, che rompeva gli schemi tradizionali di allora, una poesia che è esplosa nel mondo solo dopo la sua morte.

    Poesie di Emily Dickinson

    Notti selvagge, notti selvagge!
    Fossi insieme a te notti selvagge sarebbero
    la nostra ricchezza.
    Inutili i venti per un cuore in porto - 
    mappa e bussola si mettono da parte
    navigando nell'Eden - 
    Ah, il mare!
    Potessi stanotte gettare l'ancora in te!

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    Non avessi mai visto il sole
    avrei sopportato l'ombra
    ma la luce ha aggiunto al mio deserto
    una desolazione inaudita.

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    La fiamma rossa - è il mattino -

    la viola - il mezzogiorno -
    la gialla- il tramonto
    e dopo è  il nulla.

    Ma a sera infinite scintille
    rivelano la vastità bruciata -
    il territorio d'argento
    non ancora distrutto.

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    Morii per la Bellezza, e non appena
    mi ebbero accomodata nella tomba
    un uomo morto per la Verità
    venne deposto nella stanza attigua.

    Mi chiese piano perchè fossi morta.
    "Per la Bellezza", gli risposi pronta,
    "Io per la Verità", soggiunse lui.
    "Sono una cosa sola, siam fratelli".

    Come parenti incontratisi una notte,
    conversammo da una stanza all'altra,
    finchè il muschio ci raggiunse le labbra,
    ricoprendo per sempre i nostri nomi.

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    Un sepalo, un petalo e una spina
    In un normale mattino d'estate
    Un fiasco di rugiada, un'ape o due,
    Una brezza, una capriola fra gli alberi,
    Ed io sono una Rosa!


    Emily Dickinson...la poetessa solitaria

    Emily Dickinson nacque in Massachusetts, nella città di Amherst, un piccolo centro di religione e cultura puritana, il 10 dicembre del 1830.
    Emily crebbe in una famiglia borghese, una casa dove il rigore e l'educazione regnavano sovrani, esercitati sopratutto dal padre, Edward Dickinson, avvocato di successo e tesoriere dell' Amherst College, dove Emily sviluppò la sua formazione fino al 1847. Il nonno paterno era stato a sua volta avvocato e fondatore del medesimo college, la madre di Emily, Emily Norcross Dickinson, era una donna molto elegante e di spiccata cultura per il suo tempo. Il fratello maggiore di Emily, Austin, fu prima insegnate, poi seguì la strada del diritto come suo padre e suo nonno, la sorella minore, Lavinia, studiò nel collage assieme a lei e come lei scelse di restare nubile.
    Emily fu una studentessa modello, intelligente e piena di inventiva, rispettosa verso i suoi genitori e desiderosa di piacere a suo padre, ma allo stesso tempo scelse di essere una mente libera e lo dimostrò principalmente attraverso la sua poetica. Dopo aver studiato all' Amherst College, Emily entrò nel seminario femminile di Mount Holyoke, dove però restò solo per un anno, a causa della sua salute cagionevole. Tra i 20 e i 30 anni Emily ebbe il suo periodo poetico più intenso, compose quasi 1100 poesie, scegliendo di condividere questo suo talento solo con gli amici e la famiglia. All'età di 35 anni, Emily aveva registrato 800, delle sue almeno 1100 poesie, in piccoli libretti rilegati a mano, chiamati “fascicoli”, una specie di pubblicazione privata riservata a pochi. Negli anni successivi, iniziò pian piano a condurre una vita sempre più ritirata, chiusa spesso nella sua casa natale, in semplicità ed isolamento. Nel 1864 Emily iniziò a soffrire di una patologia oculare dolorosa, e per un anno si sottopose a numerosi trattamenti. Dopo le visite a Cambridge per il trattamento agli occhi, Emily continuò a vivere con i genitori e la sorella, nella casa di famiglia “The Homestead”, godendo anche della vicinanza del fratello, che abitava con la moglie e i figli, nell'abitazione vicina, denominata “Evergreens”.
    Nonostante la sua vita improntata principalmente all'isolamento Emily ebbe comunque delle amicizia significative e importanti; tra le donne Susan Gilbert, sua futura cognata, Abby Wood e Abiah Root; tra le amicizie maschili Benjamin Newton, Henry Emmons Vaughn, George Gould, Samuel Bowles, e il giudice Otis Phillips Lord, con il quale ebbe un'intensa relazione tra 1878 e il 1884, anno in cui egli morì. Pare che Emily ricevette due proposte di matrimonio, una da parte di George H. Gould, un laureato dell'Amherst college, e una da parte dello stesso Otis, entrambe rifiutate.
    A partire dal 1874 la vita di Emily, ormai da anni reclusa in casa propria, è stata segnata irrimediabilmente dalla malattia e dalla morte di persone importanti. Nel 1874 morì suo padre, nel 1775 la madre si ammalò gravemente restando parzialmente paralizzata, morì nel 1882; nel 1878 venne meno il suo caro amico Samuel Bowles; nel 1883 morì l'amatissimo Gilbert, suo nipote più piccolo, di soli 8 anni, a cui era molto legata e nel 1884 perse anche Otis Lord. Tutte queste vicissitudini misero a dura prova l'animo di Emily; nel 1885 si ammalò colpita dal morbo di Bright, e morì il 15 maggio del 1886 nella sua casa natale. La sorella Lavinia, troverà molti versi nascosti, che Emily custodiva gelosamente, e deciderà di farli pubblicare, anche se solo parzialmente. La pubblicazione completa di 1775 poesie, avverrà solo nel 1955 a cura di Thomas H. Johnson.



    Nonostante la sua solitudine e la fragile salute, la poesia di Emily ha rivelato una vita intensa e caratterizzata da momenti di grande gioia. La sua poesia è stata densa e complessa, capace di parlare delle passioni, della natura, della spiritualità e dei rapporti umani con linguaggio semplice ma incisivo e coinvolgente. L'isolamento non ha chiuso la sua mente, ma al contrario ha permesso l'avvicinamento a nuove vie di pensiero, e a forti esperienze interiori. Emily è stata ritenuta uno dei poeti più grandi e originali del 19° secolo, caratterizzata da grande inventiva e sensibilità; quelle che allora parevano “stranezze” del suo scrivere, oggi sono diventati i tratti inconfondibili del suo stile, definito unico.

    lunedì 24 marzo 2014

    NOI, donne dai capelli rossi




    Meno del 4% della popolazione mondiale ha i capelli rossi! Quindi siamo in netta minoranza. Occhi azzurri e capelli rossi sembra essere una combinazione ancora più rara, solo l' 1%!!!! Si dice che chi trova una tale combinazione è come avesse trovato un quadrifoglio!I
    Il rutilismo è generalmente associato alle popolazioni di origine celtica, ed è perfettamente plausibile, dato che il numero maggiore di soggetti con i capelli rossi lo si trova in Scozia e in Irlanda; è comunque vero che i rossi si trovano ovunque anche se in numero inferiore rispetto alle capigliature castane e bionde. Se la diffusione dei capelli rossi nelle popolazioni celtiche preromane era notevole, va precisato che anche fra i latini, e in altri contesti, sono stati trovati e descritti personaggi con la chioma rossa. Senofane riporta come i Traci avessero occhi azzurri e capelli rossi, mentre Erodoto descrisse teste rosse nelle regioni lungo il fiume Volga, in quella che oggi è la Russia.
    E' noto come le donne dai capelli rossi abbiano un temperamento piuttosto tenace e ribelle; nel corso della storia, e nelle pagine della mitologia, donne con i capelli rossi sono state descritte come grandi guerriere e temibili sovrane. La grande regina Boadicea, che guidò i Britanni in una rivolta contro i romani, venne descritta come segue dallo storico romano Dione Cassio: "Boudicca era alta di statura, con uno sguardo che incuteva paura, una voce roca e una massa di capelli rosso brillante che le scendeva fino alle ginocchia. Portava una collana d'oro dagli anelli intarsiati, una veste variegata e, sopra questa, un manto chiuso da una fibbia. Stringeva nella mano una lunga lancia, che incuteva timore a quanti la osservavano". Anche Aristotele dette il suo contributo nel descrivere le donne con capelli rossi come soggetti dal notevole temperamento, definendole come “emotivamente non-addomesticabili”.
    Mi domando, e non sono la sola, può darsi che questo carattere delle rosse (ma anche dei rossi), diciamo “Infiammabile”, derivi dal corso della storia che ci ha visti spesso in situazioni tutt'altro che favorevoli, proprio a causa dei nostri capelli fulvi?
    Adesso ditemi, quante di voi, rosse naturali, si sono sentite appellare in diverse circostanze, e sopratutto da bambine, “pel di carota”, “rosso malpelo”, “fiammifero”, “Anna dai capelli rossi e Pippi calzelunghe” e quanto altro?!? Nella mia infanzia ne ho sentite di belle, persino bambini che, guardandomi in modo strano. mi domandavano “ma perchè hai capelli rossi?!” quasi come avessero visto un alieno. Più tardi hanno iniziato a domandarmi “ma sei rossa naturale?!” o “ma sei rossa da tutte le parti?” tra il divertito e il curioso, spesso con la faccia da ebeti, e qualche volta mi è proprio sfuggito “e tu!? sei un deficiente naturale?”. Beh, accettare la mia testa ramata ed esserne fiera è una cosa che ho imparato con il tempo, da piccola non è che mi piacesse molto,proprio perché molti avevano la tendenza a farmi sentire diversa, con qualcosa sulla testa che non andava, e anche se erano la minoranza, queste persone riuscivano ad irritarmi. Ora ne vado fiera, e non cambierei la mia testa con nessun'altra!!!
    Le varie dicerie e l'atteggiamento ambivalente nei confronti dei capelli rossi, anche se adesso la moda gioca a nostro favore, hanno delle origini ben precise!Nel corso della storia, i capelli rossi sono stati temuti e riveriti, adorati o degradati; nessun altro singolo tratto umano ha provocato una tale dicotomia di emozioni.
    Durante gli anni dell'inquisizione spagnola e della caccia alle streghe, le donne con i capelli rossi venivano spesso accusate di stregoneria e quindi bruciate sul rogo, oppure venivano private dei loro beni e destinate all'isolamento; si diceva che chi aveva la chioma rossa aveva rubato il fuoco dell'inferno e quindi era senza benedizione. Per gli egiziani le donne con i capelli rossi erano discendenti del dio Seth, dio del caos e delle tenebre, e quindi non erano ben viste dalla popolazione. Si attribuiscono i capelli rossi persino a figure religiose connotate da negatività come Eva (si pensi al dipinto nella cattedrale di St. Paul), Giuda e Maria Maddalena. Addirittura, nella mitologia greca si riteneva che i soggetti con capelli rossi diventassero vampiri dopo la morte!!!
    Nei primi anni del 1600, alla fine del regno della regina Elisabetta I, in Inghilterra si fece largo la convinzione che le fate e le creature ultraterrene fossero rosse, investendo tali donne di talenti extra-ordinari e carattere malizioso.
    Ma noi, con la pelle pallida, le sfumature rosse e talvolta una buona dose di lentiggini, sappiamo bene come le superstizioni e le cattiverie derivino dalla stupidità e dall'ignoranza!!!! Iniziamo a pensarla come Mark Twain che scherzando disse “mentre il resto della razza umana discende dalle scimmie, quelli con i capelli rossi derivano dai gatti!” sarà per questo che ci difendiamo con artigli arrotati! E adesso non mi resta che salutarvi con un bel Ruadh gu Brath” che in gaelico scozzese significa “Rosse per sempre”!!!

    La quercia


    Per il celti l'albero più importante era sicuramente la Quercia, i cui frutti simboleggiavano la conoscenza . Alcuni studi rimandano addirittura a questo albero il significato della parola druido, che pare derivare dal gallese "derwydd" letteralmente "uomo della quercia". Le caratteristiche che fecero di questo albero oggetto di massima venerazione furono: la robustezza del legno, la longevità, i frutti (ghiande) in grado di indurre trasformazioni nello stato di coscienza se consumati crudi, le proprietà mediche in grado di curare molte malattie, la protezione dal sole e dalla pioggia grazie alla sua generosa chioma o al suo grande tronco cavo. I boschi di querce erano ritenuti sacri e la maggior parte dei culti veniva svolta proprio in questi boschetti o querceti.
    L' aspetto nobile e solenne, la forza e la bellezza di questo albero lo legavano indissolubilmente, nell'immaginario collettivo, al concetto di saggezza e potenza. La quercia era considerata leggenda vivente che rappresentava ciò che è vero, sano e stabile; inoltre la sua capacità di attirare i fulmini veniva considerata dai druidi simbolo della sua divinità, associata con il dio Dagda, capo delle antiche divinità irlandesi. I druidi insegnavano che ascoltando lo scricchiolio delle querce e il fruscio delle loro foglie molto poteva essere appreso sulle cose a venire.


    Il vischio, altra pianta sacra per i celti, cresce arrampicandosi sui tronchi di quercia in una relazione simbiotica; in questo caso la quercia rappresenta il Dio maschile e il vischio la Dea femminile, simboleggiando l'unione eterna tra maschio e femmina. Per questo motivo i druidi celebravano sotto di essa i matrimoni, per garantire agli sposi un'unione forte e duratura.
    Le ghiande, frutto della quercia, oltre ad essere sostentamento durante l'inverno per uomini e animali, incarnavano il concetto di immortalità, per tale motivo se ne faceva largo uso durante i riti da Samhain, quando la divisione tra il mondo terreno e quello ultraterreno si assottigliava per permettere la comunicazione con gli antenati. Durante il rito di Yule, solstizio d'inverno, che rappresentava la celebrazione della notte più lunga dell'anno, i celti di ogni villaggio spegnevano tutti i fuochi, poi bruciando legno di quercia davano inizio ad un nuovo ciclo e quindi ad una nuova luce.; con il fuoco sacro del legno di quercia venivano riaccese in ogni casa tutte le fiaccole.
    L'uso magico, medico, rituale della quercia fu ampio presso i popoli di origine celtica, signora indiscussa della foresta, madre generosa e saggia.

    Il triskell, simbolo magico

    Il Triskell o Triskele è sicuramente il simbolo celtico più conosciuto e diffuso. Le rappresentazioni più antiche su roccia, di questo simbolo, si trovano nella contea del Meath in Irlanda, posti davanti all'apertura del sito megalitico di Newgrange e risalgono addirittura al periodo pre-celtico. Si tratta di un simbolo antico composto da tre spirali intrecciate che formano un vortice, i cui significati sono molteplici; la derivazione del nome è di origine greca, e significa “tre gambe” (dal prefisso “tri”,”tre volte” e “skelos”,”gamba”).

    Il significato del Triskell è piuttosto oscuro, poiché ha assunto diversi significati nel corso della storia; ma per le popolazioni celtiche il suo significato è stato sempre chiaro. Questo simbolo veniva abbinato con il movimento del sole (spirali che girano verso destra) e sicuramente con la divinazione del numero 3, che per i celti assumeva una particolare importanza, poiché molte cose del mondo potevano essere ritrovate in gruppi di tre. Tre sono le posizioni assunte dal sole nel suo cammino, alba, zenit, tramonto; tre gli elementi, terra, acqua, aria, (con il loro movimento rappresentano il fuoco, simboleggiato da cerchio intorno al triskell); tre sono le età dell'uomo, infanzia, maturità, vecchiaia; tre i momenti della vita, passato, presente, futuro; tre le forme viventi, umana, animale e vegetale; tre gli aspetti della Dea, madre,figlia,sorella; tre le classi della società celtica, sacerdoti, guerrieri, produttori; triplice la manifestazione dell'uomo, corpo, mente, spirito; e molti altri significati di questo tipo potrebbero ancora essere elencati.


    Un significato univoco di questo simbolo pagano, in senso semplificato, può essere considerato “La spirale della vita che abbraccia la terra”. Con l'avvento del Cristianesimo, la triade cristiana prese il posto di quella pagana, ma molto venne ripreso da questo simbolo, sopratutto da San Patrizio, patrono d'Irlanda. Ispirandosi al triskell pagano, durante la diffusione del Cristianesimo, San Patrizio spiegò il concetto di Trinità agli irlandesi che incontravano la nuova religione, facendo riferimento a questo simbolo, trasformato poi nel trifoglio odierno, emblema d'Irlanda.

    Alcune mie...


    I salti della memoria

    Nostalgia bastarda
    tra le foglie di tiglio
    aleggia polline di vita,
    vorticoso appendersi
    tra i rami di ricordi
    intrecciando voci
    misto seta di sogni,
    allungo una mano
    verso il fiore più alto
    com'è densa l'anima
    nel profumo d'un salto.


    (by Hilamoon)

    ___________________________________


    Sul la go Ninfea

    Silenzio
    ai bordi del lago,
    frastagliato il cielo
    sull'acqua di vetro
    increspata di pace,
    alita il vento
    sulla mezza collina,
    mentre un aereo lontano
    striscia l'aria
    del rosso tramonto,
    che ai capricci
    d'un giorno afoso
    dona quieto riposo.

    (by Hilamoon)

    ___________________________________


    Gemma d' Irlanda

    Tramonto d'ambra
    sul piccolo golfo
    addormentato soave
    in un angolo del mondo.
    Tramonto di fata
    nel cielo d' Irlanda,
    nuvole gonfie
    corrono come cavalli.
    Là, spingo lo sguardo,
    dove le barche
    di silenti pescatori
    son mezze lune e chimere
    in un mare
    di scuri lapislazzuli.

    (by Hilamoon)

    venerdì 21 marzo 2014

    A proposito del "Rosso Crine"

    I capelli rossi, vittime di pregiudizi ma anche di apprezzamenti incondizionati, sono da sempre oggetto di dicerie e studi, in misura maggiore rispetto ai capelli d'altra colorazione. Qui vi propongo alcune piccole curiosità a proposito delle teste rosse: Studi scientifici affermano che...

    I capelli rossi:
    • derivano da una mutazione genetica avvenuta nel nord Europa alcune migliaia di anni fa;
    • trovano la loro origine in un gene recessivo, che si chiama melanocortina 1 recettore (MC1R) e che si trova sul cromosoma 16;
    • imbiancano più tardi rispetto agli altri colori e possono mutare nel corso della vita di un individuo;
    • esercitano un potere attrattivo maggiore sulle persone;

    I soggetti con capelli rossi:
    • manifestano meno resistenza al dolore;
    • sono più difficili da sedare;
    • sono più soggetti al tumore della pelle, proprio a causa del colore pallido che determina un'epidermide particolarmente sensibile;
    • assorbono più vitamina D degli altri e quindi hanno ossa più forti;
    • hanno una vita sessuale più attiva;
    • amano vestirsi di verde (sopratutto tra una rossa e il verde esiste un rapporto speciale!!!);
    • al tempo degli schiavi venivano pagati dai romani più degli altri;


    Mi sembra carino citare di seguito personaggi di rilievo dotati di rosse chiome:

    Alcuni personaggi storici:
    Boudicca, regina e guerriera celta
    Emily Dickinson, poeta
    Galileo, astronomo
    Vincent Van Gogh, pittore 
    Elisabetta I, regina d'Inghilterralliam Shakespeare, scrittore
    Maria Antonietta, regina di Francia
    Alessandro il Grande, sovrano
    Lord Byron, poeta
    Carlo Magno, re
    Mark Twain, scrittore
    James Joyce, poeta 
    Elena di Troia

    Alcuni personaggi immaginari :
    Wilma Flintstone
    Ariel (la sirenetta)
    Jessica Rabbit
    Pippi Calzelunghe
    Anna dai capelli rossi

    Merida - The brave

    Pubblicazione : "Intimamente Danzando"

    INTIMAMENTE DANZANDO
    HILA MOON
    casa editrice Rupe Mutevole

    dalla prefazione di Silvia Denti...



    "E’ indubbiamente un pessimismo pacato quello di Hila Moon, nel quale però il sentimento arriva a picchi altissimi, tormenta e accarezza il suo io, lo coccola, lo stimola. Da tutto questo nasce una
    poetica quasi ribelle, capace di abbandonarsi alla vitalità e alla creatività del dubbio, quel quesito filosofico che è indice di intelligenza, di mente aperta e pronta a nuovi orizzonti. Ho voluto questa Autrice nelle mie collane per la sua verve a colori, con gli accenti caldi, seppure presa da strappi malinconici, con l’espressione fresca d’una sorgente cristallina, spontanea. La forza espressiva va di pari passo con il tono; sta nei significati e nelle verità che non
    risparmiano nulla, anche se in maniera velata, sanguinando lo scempio in cui a volte si vive, in quella maledetta precarietà dell’essere. La danza di questo volume si apre, appunto, nell’intimo, negli anfratti mai plasmati dall’indole, parte dalle pieghe insospettabili, che stanno al di sopra del bene e del male. Come un felino che per destino deve essere addomesticato, eccolo arrancare tra la rabbia e la disperazione, si avvicina al vuoto, a quel nulla di cui si sente  parte ormai, ma … la forza della sopravvivenza spinge, sostiene, è magia e vince. La tigre si acquieta, si comporta da ingombrante gattone, ma rimane, in fondo, un animale da guerra. Hila Moon è una guerriera e come tale prepara le sue armi, le affila, le tiene sempre con sé, per ogni evenienza. Questo desueto alone di difesa lo si avverte in ogni onda poetica, ma non compromette il verso, anzi, lo fagocita, lo abbellisce, lo rende fulgido e misterioso, inquieto. Così quel pessimismo che è il primo biglietto da visita del libro Intimamente Danzando, si arricchisce di caratteristiche e di particolari, scalpita come cavallo selvaggio e butta fuori un turbinio di sensazioni che messe assieme rendono la nostra Autrice unica, con una poetica molto animata, tutta da sentire addosso, da vivere. Per quanto posso prevedere in base alla mia esperienza, so che Hila si evolverà in una scrittura fortissima, autonoma e certo mai banale, dolorante perché profonda, ma sempre più coinvolgente e interessante."

    Se sei interessato ad acquistare il mio libro ti lascio uno dei link possibili, in cui puoi trovarlo!!!
    Grazie

    http://www.ibs.it/code/9788865910320/moon-hila/intimamente-danzando.html